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Da questo gli venne l'idea di aprire l'ospedale, dove lui lavorava, ad una ventina di amici che facessero compagnia agli ammalati. L'esperienza era partita da Sesto San Giovanni nel 1975 e poi pian piano in tutt'Italia sono sorte tante AVO e poi la Federavo. In questi quarant'anni ci sono state tante trasformazioni alle quali l'AVO ha dovuto adeguarsi per essere ora proiettata nel futuro.
Affettuosamente ha ricordato a tutti i volontari che:
"Per costruire la casa AVO sulla roccia la via da percorrere è l'amore.
E' bene fare opere buone, atti d'amore, ma il passo decisivo è "essere amore" con il dono di sè nel servizio concepito come mezzo affinchè il rapporto con l'ammalato diventi preghiera comunitaria per ottenere la grazia della "reciprocità", farmaco per la cura della solitudine del malato.
Con nel cuore questo desiderio, dobbiamo cercare di vivere più intensamente l'Associazione, meditare insieme, discernere, esporre il proprio pensiero e imparare ad ascoltare quello dell'altro in modo che le decisioni siano frutto dell'Unità.
Sarebbe opportuno creare momenti di vita comunitaria per condividere momenti di gioia e di festa e conoscersi sempre più intimamente, per poi portare all'ammalato questa armonia.
E' importante cercare di scoprire nuove necessità e povertà emergenti, senza questa ricerca si va verso la noia, il senso di inutilità e anche l'abbandono dell'attività. Il problema non è semplice perchè richiede impegno e ricorso ad esperti, anche non volontari, che siano disposti a collaborare, in compenso, permette di rimanere al passo con i tempi che cambiano rapidamente.
Altra raccomandazione è di coinvolgere sempre più i giovani lasciando spazio alla loro creatività, senza imporre loro schemi, ma accompagnandoli fraternamente.
Infine, è importante avviare rapporti di collaborazione con altre associazioni di volontariato e con le strutture sanitarie in modo da poter comunicare, con amore, i disagi evitabili dei malati.
Il nostro fine è sempre stato essere terapia della solitudine del malato con l'ascolto, la vicinanza affettiva. Quando tutto procede bene anche le preghiere quotidiane sembrano ripetitive, ma in verità rafforzano la nostra volontà di consolare e confortare.
L'essere volontario è un'arte e non uno standard.
Il mio augurio è che sempre perseveriate nel servizio presso i sofferenti. La sofferenza non è un castigo, non è solo negativa, essa contiene grandissimi valori e noi dobbiamo onorarla con il nostro servizio e con il nostro annullamento: l'ammalato deve sentirsi uguale a noi.
Dio è un sempiterno fuoco che crepitando lancia scintille che si consumano propagando il Suo fuoco e la Sua luce. Questo è "essere Amore" non il credere di essere gli autori della scintilla perchè ciò sarebbe fare di sè un idolo destinato a finire".
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